La consacrazione in Italia dei blog come possibili fonti giornalistiche è forse arrivata il 1° maggio 2005. Il blogger Gianluca Neri realizzò uno scoop mondiale senza muoversi da casa sua a Milano, ma solo utilizzando la Rete e il proprio computer. La Forza Multinazionale in Iraq aveva appena pubblicato sul proprio sito il rapporto, coperto da una serie di omissis, sulla morte di Nicola Calipari. Quest’ultimo, funzionario del Sismi, era stato ucciso il 4 marzo 2005 a Baghdad da “fuoco amico”, partito da un posto di blocco Usa, mentre a bordo di un’auto stava portando a imbarcarsi per l’Italia la giornalista Giuliana Sgrena, sequestrata e liberata dopo un mese di prigionia. Il rapporto Usa era pubblicato in un formato digitale (pdf) che riproduceva in modo fedele la versione cartacea, salvo l’apposizione di alcune “pecette” nere sulle informazioni riservate. Neri selezionò tutto il documento, lo copiò e lo incollò su un file di Word. Gli omissis, come per incanto, sparirono. Il documento, restituito così alla sua interezza, finì sul blog. La notizia venne ripresa dai siti web dei principali giornali italiani, “Repubblica.it” e “Corriere.it”, e nel giro di poche ore lo scoop fece il giro del mondo. Gianluca Neri mostrò, in questo modo, le potenzialità dei blog di fare informazione: pubblicando direttamente le due fonti ufficiali, il documento con gli omissis e quello integrale, pose il suo sito nella posizione di una fonte verificabile e, quindi, autorevole, anche per i media tradizionali. Le interconnessioni tra blogosfera e mediasfera risultarono così quanto mai evidenti.
Elenco blog personale
venerdì 24 giugno 2011
I “warblog”: quando i blogger sono reporter di guerra
I blog, pur non avendo da soli la forza di ergersi a custodi di una informazione pura e non filtrata, possono però sicuramente dare una prospettiva diversa rispetto a quella che abitualmente ci viene presentata. Uno degli esempi più illuminanti a questo proposito è quello di Salam Pax, blogger iracheno, che dal suo computer di casa ha raccontato la guerra in Iraq “dall’interno”, in barba alle restrizioni del regime di Saddam e alla paura di essere scovato ed arrestato. Egli, durante la seconda guerra del Golfo, diventa addirittura noto come “il blogger di Baghdad”. Inizialmente molti hanno diffidato della sua vera identità: troppo colto, troppo buono il suo inglese, c’è chi ha sospettato che si trattasse in realtà di un infiltrato dell’intelligence Usa. Ma Salam Pax (due nomi che significano “pace”, rispettivamente in arabo e in latino), 29 anni, laureato in architettura a Vienna, non ha mai smesso di informare, anche sotto le bombe, attraverso reportage brillanti ed antiretorici trasmessi appunto attraverso il suo blog (http://www.dear_read.blogspot.com/). Egli non ha mai voluto rivelare la propria identità per motivi di sicurezza, ma ciò non gli ha impedito di firmare un contratto con il quotidiano britannico “Guardian” e di pubblicare il proprio diario in forma di libro, tradotto in italiano da Sperling & Kupfer con il titolo Salam Pax the Baghdad Blogger.
Restando ancora sulla guerra in Iraq, come non ricordare il blog di un marines statunitense, che raccontava in diretta l’avanzata delle truppe americane. Il blogger diventa in questi casi una fonte d’informazione diretta, integrando quella giornalistica e diventando egli stesso mediatore della notizia. Quest’ultimo esempio di blog rientra nei cosiddetti “Warblog” (ovvero “blog di guerra”), fenomeno che ha conosciuto una grande diffusione soprattutto a partire, appunto, dall’ultimo conflitto iracheno. Grazie ai potenti computer satellitari di cui erano dotati, i soldati americani hanno raccontato in rete la loro guerra: una visione privata che li trasforma da combattenti in reporter dei fatti di cui sono protagonisti. E così i siti di L. T. Smash, pseudonimo del riservista della marina Usa citato sopra, e di altri soldati hanno offerto punti di vista diversi dalle fonti ufficiali: i loro blog sono stati cliccatissimi e hanno creato più di un imbarazzo al Pentagono e ai suoi asettici bollettini ufficiali.
Altro caso eclatante è il diario di guerra Bloghdad (http://www.bloghdad.splinder.com/), salito alla ribalta in seguito all’assassinio in Iraq del suo autore, il reporter italiano Enzo Baldoni.
La guerra in Iraq è stata anche documentata da blog di giornalisti professionisti, come Pino Scaccia, inviato del Tg1, che sulle pagine del suo Baghdad Café (http://www.baghdadcafe.splinder.com/) ha potuto raccontare, senza limiti di spazio e di tempo, le proprie giornate da reporter di guerra. Non di rado questi warblog sono ripresi dai più importanti giornali mondiali come fonte affidabile e talvolta unica per avere notizie fresche e ritratte da un diverso punto di vista sui conflitti in corso e sui loro effetti.
Quelli appena citati sono tutti punti di vista differenti dello stesso evento, raccontati in diretta dai protagonisti, non filtrati dalla stampa o censurati da qualcuno. Gli autori di questi blog sono diventati personaggi che hanno appassionato il mondo dei “navigatori” della Rete per una comunicazione semplice, diretta, non filtrata.
Il blog come strumento di controinformazione e protesta: il caso “Beppe Grillo”
Il blog di Beppe Grillo è divenuto negli anni un buon esempio di controinformazione oltre che uno strumento di partecipazione politica. Non stupisce che il quotidiano “The Observer” abbia collocato Grillo al nono posto nella classifica dei blogger più influenti al mondo. Egli, infatti, ha stimolato la sua platea di “internauti” a ad attivarsi nella promozione di campagne mirate, come quella denominata “Parlamento pulito”, rimbalzata nei quattro angoli della blogosfera italiana e concretizzatasi l’8 settembre 2007 nel primo “Vaffanculo Day”. Tale giornata di comizi e manifestazioni patrocinata dal comico genovese in circa duecento piazze italiane è servita a raccogliere firme per una legge di iniziativa popolare che vietasse la candidatura in parlamento ai politici indagati. Il “V-day” ha visto inoltre un’inedita e massiccia adesione di esponenti del mondo della politica, dello spettacolo e del sociale, anche tramite interviste video, diffuse da Grillo mediante blog, Youtube e con maxischermi installati nelle piazze. La raccolta di firme ha raggiunto quota 336144, superando così abbondantemente il tetto delle cinquantamila necessario per avviare l’iter parlamentare della proposta di legge.
Ciò che ha più dell’incredibile è che la circolazione delle notizie e la promozione di tale evento si sono svolte con il contributo quasi marginale degli organi di informazione ufficiali. Esse sono avvenute invece in modo spontaneo e quasi virale da parte di comuni cittadini tramite i blog, in primis, ma con l’aiuto anche degli altri ambienti di comunicazione del Web 2.0, come Flickr e Youtube, e attraverso siti come Google Maps e soprattutto Meetup, per favorire l’incontro e l’aggregazione on-line dei fan del comico genovese, anche secondo un criterio territoriale. L’iniziativa ha così attirato in piazza circa cinque milioni di italiani, cinquantamila solo a Bologna, sede principale della manifestazione. Oltre ad evidenziare la necessità di un nuovo linguaggio che sappia dialogare con immediatezza e freschezza con i cittadini, i “Vaffa day” hanno sancito, emulando le forme di democrazia diretta proprie delle città-Stato della Grecia classica, la nascita di un nuovo spazio politico basato sulla conversazione all’interno della blogosfera e hanno mostrato la forza mobilitante del popolo di Internet a prescindere dalla collaborazione dei media tradizionali, spesso espressione della miopia della cultura mainstream.
mercoledì 22 giugno 2011
Blog e politica
Anche la classe politica ha cominciato ad intuire le potenzialità espressive dei blog, quale strumento semplice ed informale attraverso cui mantenere un rapporto più franco e diretto con i propri elettori. Alcuni blog politici, soprattutto quelli aggiornati frequentemente, trovano un buon seguito di lettori, sfruttando appieno i vantaggi del linking, tessendo connessioni e corrispondenze con i propri sostenitori e con i blogger affini. Simili spazi di riflessione, di comunicazione e di confronto introducono una nuova forma di dibattito politico, ma anche scientifico e culturale, come nel caso di Luca Coscioni, presidente di Radicali Italiani. Costretto da una grave malattia a parlare attraverso un sintetizzatore elettronico, egli si è battuto per la libertà della ricerca scientifica, anche, appunto, attraverso un blog, Il Maratoneta (www.lucacoscioni.it/Il_Maratoneta), che alla sua morte è diventato un libro.
In molti casi il blog viene inteso come collettore di notizie, raccolte per renderle oggetto di discussione, anche politica. Il migliore esempio in tal senso è il blog statunitense SlashDot (http://www.slashdot.com/), nato nel 1997 per mano di Rob Malda quasi per gioco. Su SlashDot vengono pubblicate notizie su vari argomenti suddivisi per temi. Le news, però, sono scritte esclusivamente dai visitatori del sito. Ogni notizia è aperta inoltre ai commenti dei lettori, il che genera lunghissimi thread (fili) di discussione. Le news, qui come nella maggior parte dei blog, sono di seconda mano, con i link che rimandano alla fonte.
Un esempio italiano accomunabile a quello di SlashDot è stato il blog di informazione Quinto Stato, dove chiunque poteva intervenire inviando i propri pezzi o commentando quelli degli altri. Memorabile resta l’iniziativa presa dalla redazione del blog in questione, quando raccolse oltre 8000 firme contro il cosiddetto “Decreto Grande Fratello”, che avrebbe permesso agli organi competenti di tenere in archivio le e-mail ed i tabulati telefonici di ognuno di noi per cinque anni. Le firme così raccolte sono state poi consegnate il 22 gennaio 2004 agli allora Presidenti di Camera e Senato, Casini e Pera. Questa è stata in Italia la prima occasione in cui un’iniziativa partita dal web ha raggiunto i vertici delle istituzioni politiche, dando quindi sempre più credibilità alla Rete e, nella fattispecie, ai blog.
Blog che hanno fatto (e fanno ancora) la storia
La prima vera svolta memorabile nella storia dei blog può datarsi nel 1998 ed è legata al caso Lewinsky, ovvero lo scandalo del "Sexgate", come fu battezzato allora dai media americani. Nel settembre del 1998 Internet registrò forse per la prima volta una clamorosa vittoria sugli altri mezzi di comunicazione di massa, pubblicando il rapporto finale dell’inchiesta sulle menzogne di Bill Clinton circa i suoi rapporti con la stagista Monica Lewinsky. La storia, che giaceva in attesa di verifica nella redazione della rivista “Newsweek”, era salita alla ribalta nel mese di gennaio grazie ad un aspirante giornalista, Matt Drudge, il quale, senza fare adeguate verifiche ma basandosi soltanto su timide voci, azzardò sul proprio blog (http://www.drudgereport.com)%20l/la pubblicazione di tale “pettegolezzo”, che venne poi ripreso a catena da numerose testate giornalistiche, on-line e non, con un effetto dirompente.
Un altro caso rivoluzionario giunge dall’Oriente, precisamente dalla Corea del Sud. Ci riferiamo a OhmyNews (http://www.ohmynews.com/), un blog collettivo nato nel 2000 ad opera del giornalista Oh Yeon-ho in reazione al conservatorismo della stampa coreana. In una nazione dove tv e quotidiani diffondono un’informazione omogeneizzata e il più delle volte direttamente controllata dal potere statale, il diario-giornale on-line OhmyNews, dove l’80% delle notizie è scritto da 25000 cittadini pagati a pezzo, ha saputo conquistare consensi e considerazione tanto nell’opinione pubblica quanto presso le istituzioni. È il caso più eclatante di quel filone definito come citizen journalism, il giornalismo dei cittadini. Tali siti di informazione adottano un linguaggio più emotivo e partecipativo di quello comunemente oggettivo e distaccato dei media tradizionali.
Tra gli esempi più eclatanti di “informazione alternativa” sul web, troviamo anche Indymedia (http://www.indymedia.org/), un circuito di siti che rientra nella variegata famiglia dei blog. Si tratta, per essere precisi, di un network di media “gestiti collettivamente per una narrazione radicale, obiettiva e appassionata della verità”. Nato nel novembre 1999 per esigenze di una copertura mediatica alternativa riguardo all’evento delle proteste no-global di Seattle contro il Wto, Indymedia ha dimostrato possibile grazie ad Internet la creazione di mass media dal basso, autogestiti, non-profit e indipendenti dai media istituzionali e commerciali. Il circuito si è diffuso a macchia d’olio raggiungendo oltre venti Paesi, in cui sono sorti numerosi centri impegnati a diffondere contributi informativi quotidiani, coinvolgendo in prima persona il popolo di Internet in un’informazione libera e indipendente.
La vera forza di questo blog alternativo sta nella sua capacità di influenzare e vigilare la condotta dei grandi media, portandoli a collaborare con l’informazione dal basso. Indymedia deve la sua forza mediatica ad una piattaforma web flessibile e user-friendly, ad un database completamente automatizzato, a potenti server per lo streaming audio-video, ad un flusso di news sempre aggiornato. Chiunque può aggiornare e controllare i contenuti del blog in questione attraverso un semplice computer collegato ad Internet. È possibile caricare e pubblicare registrazioni audio e video, immagini, articoli, news, comunicati, sfruttando appieno la possibilità di collegamenti intertestuali.
lunedì 20 giugno 2011
La nuova frontiera dei blog: il "vlog"
Meno diffusi in Italia rispetto ai blog tradizionali, ma in costante aumento, sono i cosiddetti vlog (crasi dei termini "video" e "blog"), ovvero i blog dove i contenuti testuali sono corredati ed arricchiti da brevi filmati. Si tratta in questo caso di pagine web a metà strada tra un diario ed un personal tv, come Storie Laterali (http://www.vlog.storielaterali.com/), contenitori di video che si sviluppano indipendentemente rispetto ai contenuti del blog testuale, come nel sito T-V-B (http://www.t-v-b.net/), o spazi corali di libere opinioni a 360°, senza filtri, a volto scoperto, come Nofilter (http://www.nofilter.splinder.com/), online dal mese di maggio 2003.
Il mondo dei video-blog non è trascurato neppure dai giornalisti professionisti, molti dei quali curano addirittura un vlog personale, realizzando brevi servizi video per dare voce a notizie e punti di vista che non sempre trovano spazio sui grandi telegiornali.
domenica 19 giugno 2011
Sms: le news approdano sul cellulare (Commento al post "Buona notte..." del blog "DilettantiPUNTO.blog")
Prendo spunto da questo interessante post per spendere qualche parola appunto sui servizi informativi via sms. Vorrei ricordare, a questo proposito, che i primi servizi sperimentali di news sul cellulare arrivano in Italia nel 1999. Tra le agenzie la prima ad investire su questa nuova modalità d’informazione è l’Ansa, mentre, tra i quotidiani, i primi furono “La Nazione”, “Il Resto del Carlino” e “Il Giorno”, tutti facenti parte del gruppo “Poligrafici Editoriale”. Il servizio offerto da tale gruppo di quotidiani, che nella fase sperimentale è limitato all’area di Bologna, viene realizzato grazie ad un accordo con la Tim. Per la cronaca: la prima news destinata agli utenti, realizzata dalla redazione Internet del “Resto del Carlino”, parte alle 10:30 di lunedì 16 agosto 1999. Gli utenti iscritti a quel primo e memorabile servizio gratuito di informazione via cellulare sono 3200.
E così, in quest’occasione, per la prima volta in Italia la redazione di un quotidiano sperimenta la selezione, la scrittura e l’invio di news utilizzando messaggi sms destinati ad arrivare nelle tasche delle persone con il classico bi-bip per avvertirli che qualcosa di nuovo è successo nel mondo o nella loro città. Nei primi tempi agli utenti vengono inviate circa tre notizie al giorno di carattere generalista e tre di sport. Le news più appetibili e più richieste sono quelle di servizio, viabilità, scioperi, blocchi del traffico, e quelle che riportano i principali avvenimenti nazionali e internazionali. A una settimana dalla partenza del servizio si registra già un dato sorprendente: gli iscritti sono raddoppiati, e senza che siano state attuate strategie di promozione. Lo sviluppo, dunque, è esclusivamente effetto del tam-tam che, evidentemente, non avviene solo in Internet ma anche con i telefonini.
In una seconda fase il servizio viene esteso, sempre gratuitamente, anche ai lettori degli altri due quotidiani del gruppo, “La Nazione” e “Il giorno”, raggiungendo in breve i 120000 utenti.
Tra il 2000 e il 2001 si assiste a due tentativi di trasformare la fase sperimentale gratuita in un servizio per abbonati a pagamento, non incontrando però il favore del pubblico. Il “fallimento” dell’iniziativa è tale che, nell’estate del 2001, dopo due soli anni dalla sua nascita forse prematura, il servizio news della Poligrafici Editoriale chiude i battenti. Ripartirà nel 2003, in una situazione di mercato del tutto diversa.
Il destino dell’informazione via sms non si chiude certo qui: l’interesse per le notizie provenienti dalla guerra in Iraq costituisce, infatti, un buon banco di prova per un servizio di notizie in tempo reale sui cellulari. Questa volta i pionieri sono il Tg5, tra le televisioni, e, tra i quotidiani, il “Corriere della Sera”, che parte con un servizio realizzato dalla redazione di Corriere.it. I lettori, questa volta, reagiscono in maniera positiva, inducendo a scendere in campo anche “la Repubblica”.
Non va però disconosciuto il ruolo avuto dal gruppo Poligrafici Editoriale, cui resta il merito di aver sperimentato per la prima volta (forse troppo presto) un sistema informativo nel quale gli utenti non decidono quando informarsi, ma vengono raggiunti dalle notizie in tempo reale. Il cellulare si trasforma così, a poco a poco, da strumento di comunicazione al nuovo medium d’informazione del terzo millennio.
Come rilevato da Marco Pratellesi, insigne giornalista e docente, «gli utenti hanno dimostrato di gradire sul cellulare particolarmente le informazioni di servizio, utili per la vita pratica di tutti i giorni: dalle segnalazioni di code in autostrada ai disagi in aeroporto, dal meteo alle interruzionidi fornitura dei servizi. Ma piacciono anche quelle informazioni che, pur non avendo una influenza sulla vita pratica delle persone, conferiscono autorevolezza a chi le riceve in anticipo: quel ruolo da leader che “chi sa” tende ad assumere nei confronti di coloro “che non sanno”.
mercoledì 15 giugno 2011
Commento al post "Facebook dà una mano alla democrazia?" del blog "Noioggi"
Condivido in pieno le riflessioni presenti in questo post. Mai come per il referendum da poco avvenuto si è assistito all'imporsi poderoso del fenomeno "Facebook". I canali del noto social network hanno infatti funzionato da vero e proprio "amplificatore" di comunicazione e di informazione, sensibilizzando e responsabilizzando alquanto i navigatori del web riguardo alle questioni sollevate dai quattro quesiti referendari. E' pur vero però che è necessario mantenere un'autonomia di giudizio, senza farsi plagiare nè manipolare dal mezzo tecnologico. Progrediscono e si evolvono senza sosta le tecnologie della Rete, ma la nostra libertà di pensiero e di coscienza resta sempre il nostro bene più prezioso, da salvaguardare dai sempre più avvolgenti (e, talvolta, prepotenti) mezzi di comunicazione e di informazione.
A riprova dell'importante ruolo esercitato in occasione del recente referendum da Facebook, ecco un link che rimanda ad un gruppo di persone sorto appunto all'interno del social network per propagandare il "SI":
martedì 14 giugno 2011
Referendum e satira sul Web
Ecco un link relativo ad un divertente video a favore del "SI" per il referendum del 12-13 giugno:
Qui di seguito invece inserisco il link relativo ad alcune immagini satiriche che commentano con una tagliente e dissacrante ironia i risultati del referendum:
sabato 11 giugno 2011
Le origini tribolate dei blog
Il 14 febbraio 2004 a Napoli si tenne una tavola rotonda sui rapporti tra blog e scrittura. Nonostante la qualità dei relatori non fu una serata felice, come ricorda Giuseppe Granieri, uno dei maggiori esperti italiani di comunicazione e culture digitali, presente in quell'occasione. Infatti, in quel convegno, se la novità dei blog fu certo salutata come una grande rivoluzione che Internet regalava alle nostre vite, non mancarono d'altra parte numerose critiche e perplessità intorno a questa stessa rivoluzione.
Il pericolo che si intravvedeva nel nuovo strumento era quello di una potenziale minaccia all'establishment culturale e mediatico, poichè il blog consente a tutti di pubblicare senza avere necessariamente un editore o la patente di "gatekeeper" (custode della soglia o mediatore culturale). Già nel 2003 erano sorte non poche polemiche intorno ai blog, alimentate da scrittori come Tiziano Scarpa e da una nutrita schiera di giornalisti, e sfociate poi in veri e propri conflitti tra categorie (scrittori vs blogger, giornalisti vs blogger), come se i blogger stessi fossero una corporazione.
Ma nemmeno negli Usa, che pure avevano un paio d'anni di vantaggio e già centinaia di migliaia di blogger, le cose sono andate meglio. Ancora nel 2004 Doc Searls, editore storico del "Linux Magazine", raccontava che il giornalismo tradizionale non sapeva ancora destreggiarsi sul Web, pur sperimentandolo già dal 2005. Il risultato è che i professionisti, allora, snobbavano ancora i blog, confinandoli ai margini dell'informazione. Searls, in una dichiarazione del 2004, fu molto esplicito: "Non ho ancora visto nei grandi media un buon articolo o un buon servizio sui weblog che non fosse fatto da un blogger. I blog non possono essere compresi, e tanto meno spiegati, utilizzando le metafore concettuali che abbiamo usato per descrivere il Web sin dagli esordi: tutte queste menate sul design, l'implementazione, la costruzione di siti web con indirizzi e locazioni. Non c'è nulla nella retorica presa a prestito dall'architettura e da altri linguaggi che possa descrivere anche minimamente ciò che Dave Winer, Glenn Reynolds e Choire Sicha fanno con i loro blog ogni giorno".
Eppure i blog, come ricorda ancora Granieri sul suo saggio "Blog generation", non sono stati assolutamente una cosa nuova, almeno come tecnologia e logica. Se osservati da un punto di vista meramente strumentale, infatti, i blog sono solo il modello più semplice si sistema per la gestione dei contenuti. Questi sistemi, tecnicamente chiamati Content Manager System (CMS), sono progettati per favorire l'organizzazione e la pubblicazione delle informazioni, in Internet o nelle reti aziendali. Lo schema di una piattaforma base per blogging rientra in tale categoria e potrebbe ridursi ad un modulo per l'inserimento dei testi in un database e ad un modulo di output che li estrae e li visualizza in una pagina web, con l'ultimo testo inserito collocato in alto e gli altri a seguire verso il basso. Tale sistema, ovviamente, non richiede nessuna competenza tecnica, se non quella di elaborare testi al computer.
Basandosi sull'organizzazione dei contenuti, caratterizzata appunto dall'annotazione più recente in alto, secondo alcuni il primo blog (anche se il termine fu coniato solo nel 1997 da John Barger) fu anche il primo sito web in assoluto, ovvero la pagina costruita da Tim Berners-Lee sui server del CERN (Comité Européen pour la Recherche Nucléaire). La pagina, archiviata dal World Wide Web Consortium (W3C), puntava ai nuovi siti che venivano messi online, con l'ultima segnalazione, appunto, in cima. Questo modello ebbe successo e fu seguito dal sito di Netscapenegli anni successivi con la What's New Page, che fu utilizzata da tantissimi altri operatori.
Oltre all'organizzazione grafica, i blog ricordano i primi siti Internet anche per un'altra notevole caratteristica: la possibilità di aggiornamento frequente da parte dei singoli utenti, senza richioedere l'intervento dei tecnici. I blog sono perciò una risposta ad un problema nato con il Web e con la visione del suo inventore Tim Berners-Lee, che voleva farne un "posto" in cui pubblicare contenuti fosse facile quanto consultarli.
Il vero "papà" dei blog come li conosciamo ora è stato però Dave Winer. Nel 1997 egli lanciò "Scripting News", ed il suo impegno e il suo entusiasmo sono stati un esempio per migliaia di blogger. Winer, con la sua software house, ha tra l'altro messo a punto anche Frontier, Manila e Radio Userland, applicazioni che hanno contribuito in maniera decisiva allo sviluppo del blogging. Nel luglio 1998 Pitas lanciò il primo servizio di blogging gratuito, seguito ad un mese di distanza da Pyra Labs che con Blogger, acquisito poi da Google, ha dato una spinta decisa verso la diffusione di massa.
venerdì 10 giugno 2011
Una riflessione di De Kerckhove sui blog
Tornando a considerare il fenomeno dei blog, mi sono imbattuto in un illuminante scritto di Derrick De Kerckhove, il celebre sociologo e studioso della comunicazione di origine belga ed attivo in Canada.
Va innanzitutto ricordata la celebre teoria delle Intelligenze Collettive che De Kerckhove ha ripreso da Pierre Levy, aggiornandola ed adattandola però al contesto tecnologico delle reti, e mirando alla connessione delle intelligenze quale approccio ed incontro sinergico dei singoli soggetti per il raggiungimento di un obiettivo. Tale connettività si affianca e contemporaneamente si oppone all'idea di collettività proposta da Levy, aggiungendo a questa l'unità frammentata delle potenzialità degli elementi della Rete. De Kerckhove, perciò, non ammette soltanto la comunicabilità dei singoli elementi quale caratteristica fondamentale del nuovo medium, ma riconosce pure la possibilità offerta per la azione/creazione di un oggetto multimediale, ovvero un cosiddetto "artefatto cognitivo".
De Kerckhove, oltre a questi studi, ha però, come già anticipato prima, preso espressamente in considerazione il recente fenomeno dei "weblog". Egli individua nella storia della Rete tre grandi momenti, oltre, naturalmente, alla sua stessa creazione. Il primo, senza il quale la Rete sarebbe oggi fortemente menomata, è stato la nascita di "Mosaic", ovvero il primo programma a fornire uno strumento leggero di navigazione multimediale per Internet al fine di fornire servizi informativi. Il principale programmatore di Mosaic, Marc Andreessen, si era reso conto che se il World Wide Web avesse avuto un aspetto più professionale avrebbe attratto ogni genere di "wannabes", vale a dire la maggior parte dei navigatori in Rete, quelli "non esperti". Il secondo grande capitolo della "Rete" lo si è avuto con l'avvento di "Yahoo!", che ha introdotto una nuova generazione di indispensabili strumenti di navigazione, poi evolutisi in Google, con i suoi sviluppi ancora più che mai aperti ed imprevedibili.
Il terzo momento, infine, è stato proprio l'avvento dei weblog. Il sociologo canadese ci tiene subito a sottolineare che i blog sono molto di più che semplici siti fai-da-te o diari intimi online. I blog rappresentano invece tuttora una delle creature più mature del Web. De Kerckhove li definisce addirittura come una nuova "tecno-psicologia". Così si esprime il celebre sociologo a tale proposito: "Punto di incontro tra network sociali e network tecnologici, la blogosfera è una rete di interazioni intellettuali dirette e navigabili, risultato dell'apporto gratuito, aperto e verificabile delle conoscenze e delle opinioni di molte persone su argomenti di interesse generale e in tempo pressoché reale. Il funzionamento dei weblog si basa interamente su queste connessioni. Come l'intelligenza, si sviluppano e crescono con l'uso. I weblog sono uno spazio per la riflessione condivisa". Sebbene queste parole risalgano ormai a sette anni fa, la loro verità resta immutata. Pur essendo indiscutibili i giganteschi passi compiuti ulteriormente dalla Rete in questi ultimi anni, e pur essendo ormai riconosciuto l'incredibile novità apportata dall'avvento e dalla diffusione dei Social Network (che in parte hanno inevitabilemente scalfito e forse scalzato il potere dei blog), resta altrettanto vero che i blog hanno costituito e costituiscono ancora una pietra miliare nella comunicazione, nell'informazione e nella libertà di espressione in Internet.
domenica 5 giugno 2011
"ProPublica": il giornalismo on-line diventa di qualità
Proprio poco più di un anno fa, nell'aprile 2010, per la prima volta nella storia un’inchiesta realizzata da un sito Internet ha vinto il premio Pulitzer, il maggiore riconoscimento del giornalismo americano. E’ questa indubbiamente una buona notizia, sotto molti punti di vista, ma in particolare perché conferma che la qualità potrà sopravvivere alla crisi dei giornali, grazie a nuove organizzazioni editoriali inimmaginabili che però agli occhi dei più suscitano purtroppo ancora un radicato scetticismo. Ma proprio questo risultato inaspettato del Pulitzer è un segnale quanto mai evidente delle nuove quanto valide tendenze giornalistiche. Il premio è stato assegnato a Sheri Fink, del sito "ProPublica.org", per un servizio realizzato negli ospedali di New Orleans durante il passaggio dell’uragano Katrina. La giornalista aveva documentato in 13mila parole il dramma dei medici rimasti a operare nelle sale allagate e prive di energia elettrica, e costretti a praticare iniezioni letali ai pazienti che non potevano essere evacuati.
In verità molti servizi del genere, focalizzati sul pubblico interesse, avevano ricevuto in passato il premio intitolato a Joseph Pulitzer, l’editore che lasciò nel 1911 tutti i suoi averi alla Columbia University. Ma la giuria del 2010 ha voluto offrire anche un’indicazione di come il giornalismo investigativo, quasi scomparso dai quotidiani, potrà sopravvivere in futuro: ossia sul web.
"ProPublica.org", sito vincitore del premio, è stato ideato nel 2007 per iniziativa di un gruppo di giornalisti che hanno deciso di lasciare la carta stampata per fondare un proprio sito web. Il direttore, Paul Steiger, era capo redattore del Wall Street Journal, mentre il suo principale collaboratore, Stephen Engelberg, era un cronista di punta del New York Times. Insieme hanno a lungo riflettuto sui danni causati al giornalismo americano dalle voraci aspettative degli azionisti e dall’ossessione degli editori per alti margini di utile. Un altro problema su cui si è focalizzata la loro attenzione è stata la grande difficoltà incontrata dal giornalismo d'inchiesta. Le grandi inchieste, infatti, richiedono molto tempo, sono costose e quando cominciano non garantiscono alcuna certezza di poter essere tramutate in articoli e in copie vendute: molte storie che sembravano promettenti finiscono spesso nel nulla.
Il principale problema di Steiger, quello di trovare i soldi per finanziare la qualità, è stato risolto grazie all’aiuto della Fondazione di Herbert e Marion Sandler, filantropi progressisti e grandi finanziatori del partito di Obama. Essendo un’organizzazione non-profit (e questa è indubbiamente una novità non da poco), ProPublica spende tutti i soldi che riceve e non paga tasse. Altre imprese, come California Watch e Texas Tribune, hanno utilizzato lo stesso modello, sempre con l’obiettivo di difendere il giornalismo investigativo e l’interesse collettivo.
ProPublica ha ora alle proprie dipendenze poco più di trenta giornalisti e cede i suoi articoli, senza alcun compenso, ad altre pubblicazioni tradizionali. Il servizio da New Orleans, premiato col Pulitzer, è stato messo online con foto e approfondimenti multimediali ed è stato pubblicato come semplice articolo dal New York Times Magazine, cosa che ha di certo contribuito a renderlo famoso. Nel solo 2009, il sito ha prodotto 138 inchieste di rilievo, in collaborazione con 38 riviste e giornali. Secondo Sig Gissler, amministratore del Premio Pulitzer, «l’editoria deve aspettarsi in futuro numerose collaborazioni di questo tipo, visto che le imprese editoriali affronteranno situazioni finanziarie sempre più difficili».
Il mondo di Internet era stato ammesso al Pulitzer solo nel 2009, ma avevano vinto i tradizionali giornali su carta. Questa volta il web è stato legittimato anche dal premio per la migliore vignetta satirica, che il San Francisco Chronicle ha pubblicato solo nella propria edizione online. Tutto sta cambiando molto in fretta e il futuro dell’informazione nel nuovo mondo digitale è quanto mai imprevedibile ed imponderabile. Detto ciò, tuttavia, l’esperimento di ProPublica sembra a molti un’idea da tenere in considerazione. Voglio allora concludere questo post con le parole di Vittorio Sabadin, l'autorevole vicedirettore de "La Stampa": "Poiché il buon giornalismo è ancora (e sempre più) necessario alle società civili, chiunque trovi il modo di continuare a realizzarlo va incoraggiato e premiato". Anche se questo modo è ottenuto con il web, aggiungo io.
Qui di seguito aggiungo il link che rimanda all'articolo originale di Sheri Fink, "The Deadly Choices at Memorial", premiato con il Premio Pulitzer 2010.
venerdì 3 giugno 2011
Lo "sboom" di Facebook
Restando ancora sull'argomento dei Social Network e del loro utitlizzo da parte degli italiani, la vita del celeberrimo Facebook pare già giunta alla sua fase calante. Ciò è quanto risulterebbe da diversi studi e sondaggi condotti in questi ultimi mesi nel nostro Paese. Le cause di questo incipiente declino sono diverse e di varia natura. La prima potrebbe forse essere ricercata nell'avvento di nuovi Social Network, come Twitter (che in America ha già da tempo preso piede soppiantando lo stesso Facebook). Altre ragioni sono invece di natura più sociologica e vanno ricercate in una sorta di disillusione e di "noia" provata dagli "internauti" italiani nei confronti dello stesso fenomeno dei Social Network. Qui di seguito riporto due link relativi: il primo, ad un articolo recentissimo (del 31 maggio 2011) pubblicato da Maria Stefania Bochicchio su "FullPress", magazine di tecnologie e business; il secondo, invece, ad un post pubblicato sul blog "Oneweb 2.0" da Marco Viviani, giornalista free lance, attivo anche nel web journalism.
http://www.fullpress.info/Social-Media/Facebook-meno-usato-dagli-italiani-e-gia-sboom/7-42248-1.html;
Gli italiani e i Social Network
Indagando sulla diffusione e sulle modalità d'uso dei "Social Media" in Italia, è emerso da più indagini che nel nostro Paese i quattro Social Network maggiormente utilizzati sono Facebook, Twitter, Friendfeed e Linkedin. Nelle mie ricerche ho trovato un'interessante inchiesta condotta e pubblicata sul proprio blog personale da Davide Licordari, un giovane blogger che si occupa di Social Media Marketing (dall’ideazione alla realizzazione), di Community Managing sui principali Social Network e di Pubbliche Relazioni Digitali. Qui di seguito inserisco il link che rimanda alla sua indagine incentrata appunto sull'utilizzo da parte degli italiani dei quattro Social Network sopra nominati.
giovedì 2 giugno 2011
"Secondo me gli italiani..."
Vista la ricorrenza che si celebra oggi, l'anniversario della Repubblica Italiana, voglio condividere nel mio blog qualcosa di adatto a quest'occasione. Si tratta di un monologo di Giorgio Gaber, intitolato "Secondo me gli italiani" e riproposto poco tempo fa in un talk televisivo. Sebbene non c'entri molto con gli argomenti trattati in questo blog, ho scelto questo monologo perchè ci ricorda quello che siamo: italiani, con i nostri innumerevoli difetti (questo è certo), con le nostre innegabili contraddizioni (anche questo è certo) ma anche con i nostri pregi e le nostre virtù impagabili ed insostituibili.
mercoledì 1 giugno 2011
"eBook readers" e affini
Sebbene un qualunque computer sia potenzialmente in grado di permettere la lettura di un eBook, si dovrebbe parlare di "eBook reading device" solo riferendosi a quei dispositivi dotati di caratteristiche tali da poter essere usati in maniera analoga a quella di un libro cartaceo.
Le caratteristiche essenziali che un dispositivo elettronico deve possedere per poter essere qualificato "eBook reading device" sono essenzialmente tre. Esso deve:
- essere dotato di una fonte autonoma di energia;
- avere dimensioni e peso simili a quelle di un libro cartaceo;
- permettere la lettura in condizioni ambientali simili a quelle in cui può essere letto un normale libro cartaceo.
Tenendo conto di queste caratteristiche basilari, è possibile suddividere i vari dispositivi hardware disponibili sul mercato in Tablet PC, palmari e "lettori dedicati".
Il "Tablet PC" è un computer portatile a cui sono aggiunte diverse funzionalità hardware, come la possibilità di ruotare lo schermo (di tipo tattile) di 180 gradi in modo da renderlo simile, nelle modalità d'uso, ad un blocco per gli appunti. Oltre ai soliti sistemi di input è previsto anche l'uso di un pennino elettronico che, tramite software opportunamente predisposto, consente di interagire con lo schermo. Questi apparecchi, grazie alla loro flessibilità, consentono di svolgere attività molto diverse tra loro ed hanno generalmente una potenza di calcolo più che sufficiente per gli eBook. Potendo fare uso di sistemi operativi molto diffusi, i Tablet PC possono leggere molti formati diversi di eBook ma hanno generalmente lo svantaggio di essere un po' troppo ingombranti e pesanti. Altro dettaglio che li allontana dall'immediatezza di un libro cartaceo restano i tempi di attesa, ancora troppo lunghi a causa del caricamento del sistema operativo.
I "palmari", invece, sono dispositivi che grazie alle ridotte dimensioni possono essere facilmente trasportati. Anche se sono nati per essere delle agende elettroniche, i palmari si sono arricchiti di varie funzionalità interattive e multimediali. La potenza di calcolo e la capacità di memoria che offrono, pur non raggiungendo quella dei computer portatili, sono comunque tali da permettere di contenere centinaia di libri e leggere anche gli eBook più complessi. I principali limiti dei palmari sono da ricercare nelle dimensioni dello schermo (inferiori ad una pagina di un libro in edizione tascabile) che non permettono di visualizzare molto testo e nella scarsa autonomia di cui dispongono.
Alla tipologia di "lettori di e-book" (ovvero "eBook readers") appartengono invece tutti quei dispositivi (anche molto diversi fra loro) appositamente progettati per essere dei lettori di eBook. Anche se sono i dispositivi più indicati e comodi per leggere gli eBooks, inizialmente non hanno avuto il successo sperato. Nuova linfa è stata loro data dalla nascita dei lettori dotati di tecnologia E-ink, che permette la resa di una superficie quasi identica alla carta. Esistono già in commercio diversi dispositivi di questo genere, come l'eReader iLiad di iRex Technologies (una divisione della Philips), il Kindle di Amazon, il Cybook della francese Bookeen o il Sony PRS-505.
La rivoluzione dell'editoria e l'eBook
Il mondo dell'editoria libraria sta profondamente mutando, in questi ultimi mesi più che mai. Di crisi si parla a proposito dell'editoria contemporanea: si legge sempre meno ed in modo sempre differente. Questo è certamente vero, ma altrettanto vero è che in tale crisi si respirano fermenti e spinte innovatrici di una portata assolutamente rivoluzionaria.
E' risaputo ormai da tempo il grande passo compiuto da Amazon consistente nel rendere disponibile la vendita di libri online, e non più la sola colsultazione di cataloghi librari. Ma la vera rivoluzione è stata provocata dall'avvento e dalla diffusione dei "lettori elettronici" e da altri dispositivi che consentono la lettura digitale di testi. L'eBook, seppur da molti criticato e considerato un dispositivo fallimentare e dal futuro breve, appare tuttavia una tendenza inevitabile. L'editoria tende inoltre a lasciare sempre più spazio all'interattività: in Italia, ad esempio, sono già stati creati libri multimediali, dove il lettore ha uno spazio "decisionale" rilevante, essendo chiamato a scegliere tra le diverse possibilità delineategli dal testo che sta leggendo.
Gli e-readers permettono la sola lettura di libri, mentre i tablets sono dispositivi che permettono, tra le altre cose, anche la lettura di libri. Tra le più recenti iniziative ricordiamo anche l'edizione della Bibbia multimediale.
Come si è detto poco sopra, però, una delle rivoluzioni più eclatanti la si ha avuta con l'eBook. Per eBook bisogna intendere essenzialmente un file digitale e, come tale, consultabile perciò su computer, telefonini di ultima generazione, palmari ed appositi lettori digitali. Molto spesso, volgarmente, con il termine eBook ci si riferisce invece al dispositivo tangibile di lettura, che si può appunto toccare e tenere in mano. In quest'ultimo caso, però, è più corretto riferirsi ad esso come lettore di eBook, in inglese "eBook reader", termine con il quale si intende sia il dispositivo hardware su cui l'e-libro viene letto sia il software che permette la lettura del file.
Va sottolineato che di per sè il termine "lettura" di un libro elettronico è riduttivo, giacché le funzioni di un eBook possono andare ben al di là della semplice lettura del solo testo.
Gli elementi che caratterizzano un eBook, permettendone la lettura (e le altre funzioni) sono riassumibili nei seguenti componenti: il documento elettronico di partenza o e-text; un formato elettronico (eBook format) con cui digitalizzare la pubblicazione (ad esempio l'ePub); un software di lettura compatibile con tale formato; ed infine un dispositivo hardware di lettura (il più appropriato per la lettura di testi è un eBook reader con tecnologia e-ink).
Va subito precisato che sarebbe errato confondere un qualunque documento in formato digitale con un eBook, dato che l'eBook non si limita a presentare il testo del documento cartaceo ma intende anche replicarne la forma, in modo da rendere la lettura il più possibile simile a quella che si avrebbe sfogliando le pagine di un libro tradizionale. Da ciò deriva che tutte le azioni che in un normale libro cartaceo sono immediate e scontate, come ad esempio, lo scorrere le pagine o l'inserimento di un segnalibro, possono essere emulate e ricreate dal software del dispositivo di lettura digitale. Inoltre il libro elettronico, nell'imitare quello cartaceo, approfitta ovviamente dei vantaggi offerti dalla sua natura digitale, che consistono principalmente nei vantaggi di essere un ipertesto e di inglobare quindi elementi multimediali, e nella possibilità di utilizzare dizionari o vocabolari contestuali.
La comodità, semplicità d'uso ed ergonomicità degli ultimi dispositivi di lettura elettronici in commercio (in particolare quelli con schermo e-ink) rendono il mercato degli eBook sufficientemente maturo per potersi sviluppare notevolmente e modificare gli assetti dell'editoria classica.
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